Monday, October 25, 2010

Prologo

E’ autunno e sì il cielo è ancora azzurro nonostante la valle del Po che butta su tutta quella schifezza di nebbia e grigiume vario che sì può tagliare, toccare e tutto quanto. E’ azzurro il cielo e alla fine lo sono anche io, vuoi perchè fa ancora caldo vuoi perché il blazer che ho addosso, nero come la pece, mi dona abbastanza. Giusto quell’abbastanza che non è né bene né male. E’ abbastanza. Giorno di colori nitidi, bici rosse, macchine blu, umori neri, colori sgargianti per gli zaini dei teenager che escono dalle superiori. Ci passo in mezzo come Mosè e non me ne sbatte un cazzo della loro allegria post guerra fredda perchè io e la mia bici voliamo giù da viale allegri che sembriamo due magrebini in fuga dalla polizia, il vento in faccia che sembra prendermi a sberle per tutte le stronzate che ho fatto, l’asfalto che mi segue anche lui a rotta di collo e poi bum, ferma lì, cazzo di freni che non funzionano, il semaforo è rosso e ci sì ferma ad aspettare il via. Puzza di motori diesel vecchi come me prodotti dai crucchi, quelli dell’ovest, quelli senza baffi e con i bei vestiti made in occidente, quelli che ascoltavano bowie e tutto il resto della ciurma, kraftwerk compresi. Puzza di vecchie e di naftalina, che poi sono un pò la stessa cosa, vecchi con le pillole nelle tasche dei trench che vorrei averli io dei trench così da girarci in centro e andare a fare l’aperitivo al soqquadro, roba che tutti i radical chic mi guardano e dicono “guarda quello lì che trench della madonna, sarà andato a Londra toh a prenderlo” e invece io me la rido, “l’ho rubato a un vecchio, faccia di merda, finisci lo spritz che poi ti va in culo”. Robe da matti ai semafori, robe che se ci pensi mentre vai ti vengono anche i brividi. L’omino è verde, cammina anche lui verso la mia direzione e andiamo, giù per la via dei villoni e dei ricconi, la borghesia di reggio emilia, gente per bene, gente che vota a sinistra sempre e comunque, meglio se al centro, meglio se cattolica, meglio se ricca e se fa un professione da vantarsi al circolo di canali. C’è anche il treno oggi, le sbarre vengono giù e sembra quasi ora di andare a dormire, tanto sono lente, palpebre della civiltà moderna, ingranaggi sfatti che girano per inerzia e che si sono rotti le palle di stare lì dentro a marcire e ad aspettare il prossimo provinciale reggio ciano ciano reggio. Bella storia questo treno, bella davvero, e guardalo adesso che sembra il principe emanuele a sanremo, treno marcio che se lo vedi non gli dai un soldo a quello lì, ma dove vuoi andare che se va bene arrivi a cavriago. E fermati da lenin che lui te lo dà un consiglio. Sempre.

E poi quando senti puzza di cadavere ti viene voglia di diventare vegetariano e tutte quelle menate lì da alternativo da macrobiotico, gente che manderei al macero insieme ai porci che mangiamo qua in emilia a quintali, quei porci che vedi qua fuori e che sembrano tutti contenti di fare il loro onesto lavoro, mangiare e crepare. Roba che poi facciamo anche noi solo che loro ridono, sì ridono perché guardali lì tutti felici, davvero. Sarà per la lora vita sessuale. Puzza di cadavere, mi tiro su la kefiah comprata in montagnola dal pakistano coi baffi, roba purissima questa kefiah, roba da combattente per la libertà del popolo palestinese, roba che non si compra all’h&m e neanche alla benetton.

Infilo la ciclabile a manetta, se arriva uno dall’altra parte, va beh oh, ormai ci sono, via da lì, via dalle palle vecchia che qui ci sono gli arctic da sheffield che pedalano con me, but I’ll still take you home I’ll still take you home, sì va dal sottopassaggio, slalom fra le siringhe di quelli che sono rimasti a vent’anni fa e via sul crostolo. Guardala lì, sulla destra, una collinetta che viene voglia di sdraiarti sopra e non pensare più a niente, da prenderci il sole su quella collinetta, da starci per mano a contare le scie chimiche tutto il fottuto giorno. Peccato che sia sotto la tangenziale, giusto sotto, c’ho sempre paura che arrivi giù qualche scheggia da lì o, cosa ne so, anche una macchina. Una macchina in testa, sbam, divento come donnie darko, universi paralleli e tutte quelle cose, magari vi salvo il culo a tutti e allora.. va beh. Dovrebbe essere più alto però, questo cazzo di cavalcavia. Salita, salita che sembro pantani al giro del ’98, vado su, sui pedali, fake tales of san francisco echo through the room, le strisce che volano via, via, vai che ho la maglia rosa, vai che non mi ferma nessuno, l’ultima curva, gli ultimi metri, gli ultimi metri IL GIRO E’ SUO, IL GIRO E’ SUO. La gente mi viene in contro, mi ferma, mi abbraccia, pacche sulle spalle, grande marco, grande e io con la tristezza nel cuore che spero solo di morire il prima possibile perchè non ce la faccio più qua in questo merdaio.

I matti sono tutti dentro oggi, pranzo sopraffino dalla ginestra, si mangiano le tagliatelle col ragù, mi viene voglia di fermarmi dopo una vittoria così, un gpm bello tosto quello del crostolo, da rimanerci secchi. Tagliatelle vino e ragù. Ultime curve, ultime curve e poi a casa, altro pomeriggio utile a pochi ma ci siamo siamo lì che arriviamo, sbatto giù la porta e arrivo, sbatto giù il cancello e arrivo. Ferma lì, c’è da passare di là, c’è da passare davanti alla scuola occupata dai maruga, roba che il prete non vuole e neanche il bel popolo di cavazzoli, puzzano questi topi qua, non fanno un cazzo dal mattino alla sera questi qua. Da mander via a tot i cost. Passo con fiducia, partono i beatles, i quattro ragazzi che alla fine sono andati a litigare non sì sa bene perchè, storia di soldi oppure è stata yoko ono. Mi sta sulle palle quella lì, radical chic di sto cazzo che m’hai rovinato John. La bici passa, un ragazzo si ferma, cazzo di faccia fa, sono così brutto? Tempo di farsi la barba, tempo di cambiare scarpe bum mi fa un mal di testa cane, roba che scoppia la testa, cazzo di gente che urla ma l’ipod va ancora, grazie steve, grazie steve, jai garu deva jai garu deva om, cazzo ti urli coglione, jai garu deva oom, nothing’s gonna change my world, nothing’s gonna change my world nothing’s gonna change my world.

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