Friday, October 15, 2010

Monsters - Recensione e pensieri



Sto cercando di riordinare l’idee che mi ha lasciato, innestato, regalato Monsters, film del regista Gareth Edwards, uomo del passato ma dal pensiero splendidamente rivolto al futuro. Il suo modo di occupare il set cinematografico, in questo caso il mondo, è arrivato nella mia mente attraverso una serie di immagini distorte. Me lo immagino come una creatura altamente tecnologica pervasa da una spiritualità folle e da un culto del lavoro quasi ossessivo. Perchè è regista, sì, ma in sostanza si è occupato di tutto quello che è “immagine” in questo film. E’ un pittore del grande schermo nel vero senso della parola, molto più di tutti gli altri registi.

La trama
Questa è la parte più noiosa e inutile (forse) e arriverò al dunque molto rapidamente, copiando e incollando (ma anche traducendo) il plot che potete trovare su Imdb.

Sei anni dopo un’invasione aliena un cinico giornalista (Andrew Kaulder) accetta di scortare una turista americana (Samantha Wynden) attraverso la zona infetta messicana per raggiungere poi la frontiera e rientrare negli Stati Uniti.

La strada da fare
Al film sono stati associati diversi generi cinematografici, sci-fi, dramma, thriller e addirittura horror. Credo che il sistema dei generi sia cosa assolutamente passata ma, ascoltando il passato, mi viene spontaneo definire questo film un “road movie” vecchio stampo con alcune caratteristiche che lo possono essere accostato ai filoni precedentemente citati. Tutto questo è, ripeto, passato (e anche inutile). Come vedremo in seguito è assolutamente inutile racchiudere questo lungometraggio in un recinto e comunque i recinti sono costruiti per essere superati.

“I’m not married, I’m engaged” “There’s no difference”
Non è mai facile trattare il tema dell’amore in un contesto violento senza risultatre patetici e scontati. Solitamente ci sono due modi di agire. O si celebra l’amore eterno o si celebra l’amore effimero dei due protoganisti, i due personaggi che noi percepiamo sullo schermo. Credo che qui invece si inserisca una sorta di gioco incrociato fra i caratteri dei due protagonisti e le loro azioni. Samantha tradirà il fidanzato rimasto sul divano, Andrew piangerà al telefono con il figlio nel giorno del suo compleanno. I ruoli si sono ribaltati, l’amore eterno sta dalla parte del “cattivo”, l’amore effimero viene celebrato dalla “pura” Samantha. Altre riflessioni? L’amore in questo film non è mai né in primo piano né, paradossalemente, in secondo piano. Le situazioni si alternano, giocano fra di loro, i piani si intersecano come se non esistessero o, pituttosto, come fossero costruiti d’aria. L’amore c’è ma non si vede, si vede ma non c’è. Attenzione. Non è l’amore celebrato dalle tante noiose commedie o altri prodotti per bambini/ragazzini/adulti. E’ un amore molto più maturo, cinico come la figura di Kaulder, realista, a volte persino spiazzante. E’ un amore però vero.

Edwards stupisce poi facendo emergere un lato sentimentale persino nelle spietate creature aliene. I due extraterrestri si amano come i due esseri umani, forse più degli stessi esseri umani. I loro tentacoli si intrecciano, la loro parte superiore si avvicina quasi per dipingere un bacio umano. Ma come? Due creature spietate che si amano? Come ho detto prima i recinti sono fatti per essere superati, i cliché cinematografici per essere finalmente distrutti. E poi anche Hitler amava alla follia il suo cane.

Apocalisse rimandata e ora sperata
Il pensiero apocalittico nel mondo cinema segue date, eventi e contesti ben precisi. Non è un caso infatti che a partire dagli anni ’60 si sono moltiplicati i film in cui l’umanità intera era soggetta ad una minaccia devastante e apparentemente inarrestabile. Se guardiamo al di là del grande schermo possiamo scorgere due funghi atomici, le due guerre mondiali, l’olocausto e un perenne stato di drole de guerre che avrebbe potuto sfociare in pochi attimi nella fine eterna. “Arrivano i nostri!”, battuta da western ma concetto valido anche per il cinema fantascentifico. L’apocalisse era sistematicamente rimandata dalle forze del bene che, grazie a singoli eroi e alla potente e tecnologicamente avanzata macchina bellica, erano in grado si sconfiggere orde di mostruosi e famelici alieni. La pellicola diventava così uno dei tanti strumenti di propaganda, un proiettile lanciato contro il grande corpo sovietico che dormiva giusto al di là del Pacifico. E se non era propaganda c’era ancora la fiducia verso un’umanità in grado di mobilitarsi contro le guerre, in grado di creare e sognare.

Ora il buono non c’è. Siamo dei fottuti cattivi (tutti quanti), che non credono più in nulla e che si stanno avviando rapidi e disinvolti verso la distruzione. Sembra quasi che i giovani registi di oggi abbiano deciso di riunirsi in un grande sabba cinematografico dove essi urlano, imprecano e chiamano a gran voce l’extraterrestre salvatore. Ci riusciranno?

Muri
La stupidità umana (statunitense in particolare), fa da sfondo a tutta la vicenda. La grande panoramica sulla “muraglia” costruita dagli americani poggia il suo peso su di una struttura antica, forse Maya, forse Azteca. Sicuramente indigena. L’uomo costruisce grandi opere (Samantha parla di 7 meraviglie) e ha costruito grandi opere. Nel passato però servivano per unire, per sviluppare, per incutere timore, per proteggersi. Oggi i muri vengono costruiti per isolare. Non conta più nulla costruire un muro se paragonato alla potenza delle armi moderne, il calcestruzzo a confronto dell’arma atomica ha la consistenza della paglia. Poco importa dunque se la sua inutilità è palese. Ciò che conta è l’impatto mediatico, il difendersi dai poveri, da chi vuole venire nel tuo paese (non necessariamente per fare del male), dal diverso, da quello che parla una lingua che non comprendi o che magari hai studiato a scuola ma il banco è caldo e la fuori fa freddo. I riferimenti sono chiari. Il muro israeliano, la politica adottata da alcuni stati della federazione americana per fermare gli immigrati centro-sud americani. Ci siamo. Ma poi sono utili questi muri nel film? No. Gli alieni passano, gli alieni invadono anche gli Stati Uniti, gli alieni prendono terreno, distruggono e costringono i cittadini ad abbandonare le loro case. E’ l’oggi. A cosa serve un muro di cemento armato quando abbiamo tentacoli in grado di arrivare in tutto il mondo?

Budget
La riflessione sul budget è d’obbligo. Il film è stato girato con la bellezza di 15000$ e credo che di questo vada tenuto conto. Spendere tanti denari è utile al film in se? Non stiamo forse concedendo troppo spazio alle leggi del mercato per sacrificare la creatività e l’idea (in definitiva l’arte)? E’ davvero necessario spendere centinaia di milioni di euro in campagne pubblicitarie, hype, gadget, spazi virtuali e cartacei giusto per far entrare più gente in sala? La creatività e la bravura di un regista non sono forse più utili? Non è più corretto dare valore a queste virtù? Edwards ci dice anche questo.

No comments: