Monday, September 27, 2010

Il paradosso del miracolo

Tutti sapete cos'è un miracolo. Qualcuno di voi avrà addirittura conosciuto un miracolato. Quest'oggi però volevo mettere a fuoco non tanto l'aspetto mistico/parascentifico di quest'evento ma piuttosto la sua pochezza logica.
Sarò breve ma intenso.
Scusate il regno di Dio non è nei cieli? E allora.. perchè questa paura della morte? Se devi morire MUORI! Dio ti accoglierà nelle sue braccia. Non pregare perciò di essere salvato da un miracolo in una situazione estrema, finiresti (almeno per me) dritto all'inferno.
Situazione due. Infermi e paralitici. Non è la prassi sostenere che Dio ha creato infermità e deformazioni varie con lo scopo di far compiere a queste persone una missione speciale? E allora perchè queste devono affollare Lourdes, Fatima e i vari miracolifici? A compiere la vostra missione, tutti zitti.
Ecco i malati terminali. Qui si torna alla situazione iniziale... solo che una persona lanciata contro un muro ai 200Km/h si può permettere di invocare Dio e, volendo, anche di bestemmiare...una che sa di morire ...no. Proprio no. Cazzo...si compie il volero di Dio.

Cosa cazzo andate in massa a chiedere un miracolo.. Il miracolo non può esistere in una religione che ha come fondamenta la vita eterna, il paradiso terrestre e un Dio buono (e anche bello).

Pensateci.. oppure spiegatemi dove sta il mio errore.

Saturday, September 18, 2010

Il significato di arte è arte

Ieri si discuteva sul significato della parola arte e se il creare arte nella propria camera fosse da considerarsi realmente artistico.

Ogni espressione della nostra umanità è arte, ogni contributo che noi diamo al mondo è arte. Non parliamo di estetica, non parliamo di emozioni, non parliamo di tecnica o studio.
Da qui il creare arte per se, l'arte fine a se stessa, l'arte per se stessi. Cosa importa se nessuno vede, ascolta, tocca? E, soprattutto, è così semplice far vedere, ascoltare e toccare la propria arte? L'artista da camera è veramente portato a nascondere le proprie produzioni oppure è costretto a nasconderle? Siamo ancora più chiari.. l'arte prodotta in un sistema capitalista deve sottostare alle leggi del capitalismo, deve essere appetibile a quante più persone possibili, deve avere un prezzo (un valore economico).. L'artista quindi si ritrova in una posizione di eterna debolezza, di subordinazione perenne a qualcosa che non è neanche ben visibile. Lo è nella figura del mercante d'arte, nei personaggi addetti agli eventi artistici, ai promoter ecc ecc. Dunque. Rispondo dunque "Si" alla domanda "è arte quella che tu crei e nessuno vede, ascolta, tocca?", è arte perchè per definizione se io mi esprimo creo arte. E creerei arte anche nel bel mezzo della foresta Amazzonica, sul Monte Everest e in mezzo al deserto del Sahara.

Ora faccio a voi una domanda: è meglio avere tanta libertà di espressione, quasi infinita (fin troppa) e meno libertà di movimento (negli spazi cittadini, nel mondo dell'arte) oppure meglio avere meno libertà di espressione (qualcuno ti impone dei limiti) ma libertà di movimento infinita?

Tuesday, September 14, 2010

Per il "Cosa" il "Quando" e mai per il "Come"

Credo che questa situazione, chiamiamolo killeraggio, abbia dei mandanti ben precisi. Ci sono i nomi, i cognomi, le facce e sono rigorosamente bipartisan. Ovvero nopartisan. Ovvero no idea.

Se scrivo è perché sono triste, disilluso, appeso ad un davanzale pronto per lo schianto più rumoroso della mia vita. La cosa più deludente è che non ho colpe.
Quando terminai gli studi liceali mi sembrò tutto più mio, più vero. Sentivo il mondo sotto i miei piedi. Dopo pochi mesi quel mondo non esisteva già più. Pensai in grande, pensai come un grande, credetti terminati lunghi studi didascalici, poesie memorizzate, conoscenze spiccie da Settimana Enigmistica. Quid tum. Non è una canzone di Lady Caga, non è una trasmissione di MTV. E' un'espressione latina. Ora non è cambiato nulla. Pensavo e penso tutt'ora che il mondo accademico debba per forza di cose essere "altro" da quello che è invece il mondo della scuola dell'obbligo, in fondo paghiamo di più per conoscere di più. E invece?

"Cosa", "Quando" e mai "Come"
Queste parole mi sono state sottoposte a grandi dosi in questi tre anni, le uniche questioni poste a noi altri, trattati come soubrette di spettacoli di dubbia varietà. Eppure la criticità dovrebbe essere alla base dei nostri studi, del nostro futuro "mestiere", dovrebbe anzi essere la base dell'intera umanità. Dove sta la criticità nel "Che cosa" e nel "Quando"? Da nessuna parte, risposta retorica a domanda retorica; le due domande implicano le più oggettive risposte. Il "Come" invece dovrebbe essere più interessante, se non altro dovrebbe mettere in moto qualche elemento soggettivo, dovrebbe portare al dibattito e alla ricerca della verità. Non mi piacciono le verità simmenthal, non mi piace il forno microonde che è diventata l'Università Italiana (o almeno quella che conosco io). Ovviamente ci sono eccezioni, casi che ccomunque confermano la stoltezza e la piattezza del microonde ordinario. Ci sono stati esami in cui addirittura mi è stata sottoposta una domanda alternativa al come, splendidamente alternativa. Quasi punk. "Secondo te". Mi sono sentito adulto, mi sono sentito maturo, sicuro, consapevole di me stesso. Come quel primitivo che decine di migliaia di anni fa lasciò l'impronta della sua mano in una caverna transalpina (se non erro).

Esempi di un ulteriore standard
Veniamo al caso limite, l'estrema conseguenza di quello che stiamo vivendo. Lo studio dell'arte implica necessariamente uno studio dell'immagine e questo credo sia universalmente accettato; anche da me stesso. Ma come studiare l'immagine? L'immagine porta con sè dei significati, una storia (a volte più storie), un pensiero, una politica ben precisa, delle scelte e dei dolori. Ma se tutto questo passa in secondo e terzo piano che cosa rimane di quell'immagine? Un nome, una data e (forse), un luogo. Una didascalia utile nei tanti quiz show televisivi, viaggi illusori nella felicità, confezioni di speranza post lavoro... niente di più. Noi studiosi d'arte invece dobbiamo muoverci con grazia fra queste immagini, immedesimarci con esse, capirne il senso e la struttura, la genesi, il movente, il prezzo pagato, il modello.

Se non ce lo insegna nessuno? Cinquecento immagini a memoria posso impararmele anche da autodidatta. E a costo zero da quando esiste Google image.

Conclusioni
Questa è la lezione illuminstica? Questo è il nuovo modo di "sapere"? Chi dobbiamo ringraziare? Diderot o Wikipedia? Sono il solo ad ammazzarmi in questo mare di pensiero acritico?