Tuesday, September 14, 2010

Per il "Cosa" il "Quando" e mai per il "Come"

Credo che questa situazione, chiamiamolo killeraggio, abbia dei mandanti ben precisi. Ci sono i nomi, i cognomi, le facce e sono rigorosamente bipartisan. Ovvero nopartisan. Ovvero no idea.

Se scrivo è perché sono triste, disilluso, appeso ad un davanzale pronto per lo schianto più rumoroso della mia vita. La cosa più deludente è che non ho colpe.
Quando terminai gli studi liceali mi sembrò tutto più mio, più vero. Sentivo il mondo sotto i miei piedi. Dopo pochi mesi quel mondo non esisteva già più. Pensai in grande, pensai come un grande, credetti terminati lunghi studi didascalici, poesie memorizzate, conoscenze spiccie da Settimana Enigmistica. Quid tum. Non è una canzone di Lady Caga, non è una trasmissione di MTV. E' un'espressione latina. Ora non è cambiato nulla. Pensavo e penso tutt'ora che il mondo accademico debba per forza di cose essere "altro" da quello che è invece il mondo della scuola dell'obbligo, in fondo paghiamo di più per conoscere di più. E invece?

"Cosa", "Quando" e mai "Come"
Queste parole mi sono state sottoposte a grandi dosi in questi tre anni, le uniche questioni poste a noi altri, trattati come soubrette di spettacoli di dubbia varietà. Eppure la criticità dovrebbe essere alla base dei nostri studi, del nostro futuro "mestiere", dovrebbe anzi essere la base dell'intera umanità. Dove sta la criticità nel "Che cosa" e nel "Quando"? Da nessuna parte, risposta retorica a domanda retorica; le due domande implicano le più oggettive risposte. Il "Come" invece dovrebbe essere più interessante, se non altro dovrebbe mettere in moto qualche elemento soggettivo, dovrebbe portare al dibattito e alla ricerca della verità. Non mi piacciono le verità simmenthal, non mi piace il forno microonde che è diventata l'Università Italiana (o almeno quella che conosco io). Ovviamente ci sono eccezioni, casi che ccomunque confermano la stoltezza e la piattezza del microonde ordinario. Ci sono stati esami in cui addirittura mi è stata sottoposta una domanda alternativa al come, splendidamente alternativa. Quasi punk. "Secondo te". Mi sono sentito adulto, mi sono sentito maturo, sicuro, consapevole di me stesso. Come quel primitivo che decine di migliaia di anni fa lasciò l'impronta della sua mano in una caverna transalpina (se non erro).

Esempi di un ulteriore standard
Veniamo al caso limite, l'estrema conseguenza di quello che stiamo vivendo. Lo studio dell'arte implica necessariamente uno studio dell'immagine e questo credo sia universalmente accettato; anche da me stesso. Ma come studiare l'immagine? L'immagine porta con sè dei significati, una storia (a volte più storie), un pensiero, una politica ben precisa, delle scelte e dei dolori. Ma se tutto questo passa in secondo e terzo piano che cosa rimane di quell'immagine? Un nome, una data e (forse), un luogo. Una didascalia utile nei tanti quiz show televisivi, viaggi illusori nella felicità, confezioni di speranza post lavoro... niente di più. Noi studiosi d'arte invece dobbiamo muoverci con grazia fra queste immagini, immedesimarci con esse, capirne il senso e la struttura, la genesi, il movente, il prezzo pagato, il modello.

Se non ce lo insegna nessuno? Cinquecento immagini a memoria posso impararmele anche da autodidatta. E a costo zero da quando esiste Google image.

Conclusioni
Questa è la lezione illuminstica? Questo è il nuovo modo di "sapere"? Chi dobbiamo ringraziare? Diderot o Wikipedia? Sono il solo ad ammazzarmi in questo mare di pensiero acritico?

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